Il Prestito su pegno è disciplinato dalla Legge n. 745/1938, dal R.D. n. 1279/1939, dalla Legge n. 20 del 04/02/1977, dalla Legge 948 del 30/07/1951 e dall'articolo 48 del D. Lgs. n. 385/1993. Il credito, di fatto, è una forma di finanziamento concessa a persone fisiche a fronte di un deposito a titolo cauzionale di beni preziosi (gioielli in oro , diamanti montati su monili, ecc.) che vengono stimati secondo il valore di mercato attuale. A seguito del pegno viene rilasciato uno specifico contratto chiamato polizza su cui viene riportata la data di scadenza della stessa, entro il quale deve esser rimborsato il capitale erogato, o in alternativa rinnovato il credito, rinegoziando il pegno stesso. La finanziaria può, a suo insindacabile giudizio, rifiutare di impegnare gli oggetti qualora ritenga dubbia la loro provenienza. Il titolare della polizza non perde la proprietà degli oggetti, di cui può richiedere la restituzione in qualsiasi momento, dietro pagamento degli interessi maturati. Se alla scadenza la polizza non viene rinnovata e/o disimpegnata, trascorsi 30 giorni gli oggetti possono essere venduti in un asta pubblica, periodicamente indetta da B.P.R. Finanziaria S.r.l.
La storia del pegno - Fonte Wikipedia
« Tanto nel diritto austriaco, come nel diritto romano, la parola pegno che deriva da pugno (quia res quae pignori dantur, manu traduntur), ha un triplice senso, poiché o significa la cosa stessa che si dà in pegno al creditore per sua sicurezza (cod. civ. aust. par. 447, e Item serviana Instit. de action.), o il diritto che a lui compete sopra la cosa pignorata, o finalmente il contratto con cui si attribuisce realmente al creditore il diritto di pegno sopra una cosa. Gli scrittori di questa materia sogliono in uno stesso trattato parlare del pegno preso in tutti e tre gli esposti significati. » (Brano tratto dal I° capitolo del testo di Giuseppe Carozzi, Del diritto di pegno, Milano 1820) Il pignus era un contratto reale, perfezionabile con la consegna materiale della cosa, che trasferiva solo il possesso di essa e non la disponibilità; proprietario (dominus) ne restava il debitore, che poteva alienarla ad altri. Il pegno poteva costituirsi, oltre che con la normale traditio rei, anche con stipulatio o con pactum; in quest'ultimo caso, mancando la traditio rei, il pignus fu detto conventum (cioè convenzionale) e finì col confondersi con l'ipoteca. Oggetto del pegno potevano essere tutte le cose suscettibili di essere comprate e vendute (res mancipi): ma i cosiddetti iura praediorum urbanorum non erano né pignorabili né ipotecabili, mentre lo erano il vectigal e la superficies, nonché le servitù rustiche. Il creditore pignoratizio aveva lo ius possidendi, cioè il diritto di possedere; ma tale possesso non dava titolo per l'usucapione né per l'uso della cosa. Anzi, se distraeva la cosa pignorata, era perseguibile con l' actio furti. Il creditore aveva anche lo ius distrahendi, cioè il potere di vendere la cosa e soddisfarsi sul ricavato, previo avviso al debitore (denunciatio). Il debitore non poteva pregiudicare la posizione del creditore né vendendo la cosa, né donandola, né facendone legato, né fedecommesso. Inoltre, gli era concessa un'azione (actio pigneraticia directa) per ottenere la restituzione del pegno, una voltaadempiuta l'obbligazione principale. Oltre che per estinzione dell'obbligazione, il pegno si estingueva per il perimento della cosa, per confusione, per rinuncia del creditore, per usucapione della cosa da parte di chi (in buona fede) ignorava l'esistenza della garanzia, o con l'esercizio delloius distrahendi. Fino al tempo di Costantino, che lo vietò, nel contratto di pegno si inseriva la cosiddetta lex commissoria: il venditore-debitore trasferiva solo il possesso della cosa mentre il trasferimento della proprietà era sospensivamente condizionato al pagamento del prezzo; alla scadenza dell'obbligazione, se questa rimaneva inadempiuta, il creditore-acquirente diventava automaticamente proprietario del bene.